Dici Strega e leggi mansplaining (e Parrella se la ride)

Resoconto di qualche immagine e brevi dialoghi dal Premio Strega. Nell’ordine di come l’ho visto io. Cioè di apparizione. Come il cast di un film al cinema. Ok, il vincitore lo saltiamo. Non per snobbarlo, sia mai, ma perché “Il colibrì” (La Nave di Teseo), con cui Sandro Veronesi bissa l’ambito titolo dopo “Caos Calmo”, era abbastanza annunciato e andremmo fuori tema, anche se.

Per prima cosa stamattina mi cadono gli occhi sulla foto della sestina dei finalisti: cinque uomini e una donna, Valeria Parrella. Cose che si sapevano, ma nel rivederle ti chiedi: possibile tanta meritocrazia così distribuita? Non faccio in tempo ad alzare le spalle in segno di rassegnazione che noto un post di un’amica su Facebook. Con video. Nel minuto (scarso) che in giornata poi ha girato ovunque sul web, il conduttore Giorgio Zanchini, intervistando dal Ninfeo di Villa Giulia a Roma l’autrice di “Almarina” (Einaudi), va al dunque e introduce – «non voglio fare il semplicistico, eh?» – il mansplaining.

Coglie la palla al balzo argomentando che i due personaggi femminili del romanzo «coagulano un pezzo della condizione femminile di questo inizio millennio» e premette che se lo dice è perché «con Corrado Augias proveremo poi a ragionare su un altro dei capitoli importanti». E mentre lei mantiene un sorriso stampato sotto uno sguardo che sembrava dire «ti pare che non ho capito dove vuoi arrivare», Zanchini, forse temendo il peggio, frena – «su questo lei potrebbe trattenerci per tutta la sera» – ma la notizia la deve sparare. Insomma, con Augias parleranno «di cosa è cambiato con il #MeToo». E lì, il capolavoro. Il sorriso di Parrella si allarga e la domanda non poteva sorgere più spontanea: «E ne vuole parlare con Augias? Auguri!». Lei continua nella sua risata, lui abbozza un «le prometto che inviteremo anche lei», saluti.

A quel punto la curiosità cresce. Sentiamo questi ragionamenti, mi sono detta. E lì, avendo perso la diretta – chiedo venia, ma questo periodo sto in palla con “La casa de las Floras” su Netflix – ho ripescato la serata su Raiplay. Eccola. Augias appare e scompare a più riprese. Nella prima elogia il Premio Strega perché, parola sue, «in questi 70 e qualche anno di vita ha portato alla luce e premiato una buona parte della migliore letteratura italiana, compresa una dozzina di premi alle donne».

Approssimazione a parte, poiché i premi Strega andati alle donne sono 11 in 74 edizioni, davvero questo è un aspetto incoraggiante? Proseguo. Arrivo alla terza apparizione di Augias. Zanchini gli chiede un parere sulla reazione di Valeria Parrella. Ha ragione? «Mica tanto». E via con uno di quei paragoni-iperbole che ti paiono incomprensibili ma vanno tanto di questi tempi (tipo chi dice che se vuoi abbattere la statua di Montanelli a questo punto perché non il Colosseo, visto che anche i Romani…): «Allora che diritto hanno due persone che si occupano di libri di parlare dei minatori del Sulcis?». E già. «Ci sono dei problemi sociali che investono l’intera collettività e l’intera collettività ha diritto e competenza di parlarne. Io non sono una donna evidentemente, sono un uomo, però la condizione femminile mi interessa molto, per loro ma anche per me».

Chiede Zanchini di citare un romanzo. «Ho pensato al “Racconto dell’ancella” di Margaret Atwood». Si lancia nella descrizione: «Racconta un mondo dove le donne sono state assoggettate, cancellando tutti i progressi le conquiste fatte faticosamente nella seconda metà 900, poi anche in questo… perché si svolge in un futuro… sono creature sottomesse addette alla riproduzione, al piacere sessuale dei maschi che le possiedono nel senso che ne sono proprietari, diciamo. Un mondo orribile che finisce in maniera angosciosamente ambigua perché non sappiamo se la protagonista uscendo da una certa situazione si avvia al riscatto o alla morte. Bellissimo». Si passa ad altro. Al Covid. Cita “Spillover”. Ne legge un passo. Finito. Ma davvero?

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