“Cosa voterebbero le donne?” Il focus dell’associazione Orlando

Come si preparano le elettrici emiliano-romagnole al voto regionale? Rappresentano il  51,7% del corpo elettorale, eppure “Cosa motiverebbe le donne a votare il 26 gennaio 2020?”. È la domanda che l’associazione Orlando di Bologna ha posto a un campione di 40 donne di 4 città – Bologna, Modena, Ferrara e Forlì – su temi che riguardano problematiche sociali, culturali, economiche delle città in cui vivono, ma anche problematiche di genere. Un’indagine qualitativa che riempie un vuoto – quando mai, infatti, si interpellano le donne? – attraverso lo strumento del focus group sono emersi dati interessanti. Va premesso che un elemento in comune tra queste 40 donne molto eterogenee per età, cultura, estrazione sociale, sta nell’assenza di attivismo. Aspetto che (forse) giustifica almeno in parte la scarsa conoscenza di Stefano Bonaccini, Lucia Borgonzoni e i rispettivi programmi.

Stefano Bonaccini e Lucia Borgonzoni

Alle scarse conoscenze non corrispondono però tentazioni all’astensionismo, a differenza delle elezioni precedenti. Anzi: «Emerge una forte volontà di andare a votare e una forte polarizzazione», spiega Giulia Sudano, presidente di Orlando. E veniamo ai problemi. Discriminazioni sul lavoro, gap retributivo e di carriera, ostacoli per un’eventuale maternità sono temi centrali. Gli asili nido, poi, ritenuti pochi e troppo costosi, rappresentano una vera piaga. Che ricade nella stragrande maggioranza sulle donne. Giovani e anziane. «Gli asili nido – continua Sudano – sono un problema assolutamente intergenerazionale. Anzi: in una regione come l’Emilia Romagna, dove vive un’alta percentuale di famiglie migranti, molte donne non possono contare sull’aiuto delle nonne nella cura dei figli, perché spesso rimangono nei paesi di origine. Quindi, emerge anche una condizione di vita in cui le donne che si prendono carico del lavoro e della cura, sono schiacciate, perdono autonomia e non riescono a fare altro nella vita».

Aggiungiamoci altri dati come una condizione giovanile afflitta da precarietà contrattuale, il tema della casa, l’ambiente, il trasporto pubblico che nei piccoli centri isolano le donne anche solo dopo le 18 (come in alcuni piccoli centri del ferrarese), la percezione di insicurezza (è il caso di Forlì dove si associa la recrudescenza del razzismo alla cattiva accoglienza dei migranti) e la situazione è tutto fuorché rosea. Per non dire dello svuotamento dei consultori e la crescita degli obiettori di coscienza negli ospedali.

Cosa chiedono le donne? Innovazione sociale, specie nella conciliazione vita-lavoro. Chiedono proposte più concrete per l’ambiente, ma anche politiche rivolte ai giovani e alle giovani e, non ultimo, un deciso cambiamento culturale contro le discriminazioni e la violenza di genere. L’indagine non si discosta molto da “Allerta rossa per l’onda verde”, la recente pubblicazione dell’Istituto Cattaneo a cura di Marco Valbruzzi che raccoglie interessanti riflessioni sull’Emilia-Romagna al di là dell’imminente scadenza elettorale. Tracciando l’identikit dell’elettorato della regione, tra le preoccupazioni maggiori figurano al primo posto la mancanza di futuro per i figli, al secondo la poca sicurezza, al terzo la mancanza di valori, quindi la crisi del clima e l’ambiente. Più staccati, gli immigrati, le diseguaglianze sociali, la solitudine, la paura di non mantenere il proprio tenore di vita.

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