Le quattro mura in cui stiamo

Stare nelle quattro mura domestiche non funziona. Non funziona soprattutto perché per molte di noi si tratta proprio di quattro mura, un quadrato, un rettangolo: una stanza sola.

Non si tratta “solo” di violenza domestica, o di reclusione delle donne con i propri figli nella loro “naturale” dimensione di madre, si tratta di disperazione, depressione, assunzione incontrollata di alcolici e psicofarmaci.

Questa quarantena pensata solo per famiglie tradizionali, alla Flanders, ha portato e porterà molte di noi a una condizione di infelicità superabile solo con tanto lavoro, su di sé e sulle proprie relazioni.

Pensiamo a tutte le donne single che senza la scusa dei congiunti e con le famiglie molto lontane è da circa 3 mesi che vedono solo loro stesse. Alle donne lesbiche. Alle donne trans. Ma anche alle donne che hanno potuto vedere il proprio/la propria conginuto/a, e non vedere le relazioni amicali, la propria rete di affetti.

Come saranno i rapporti nella ripresa? Di cosa si parlerà dopo 3 mesi in cui la sola quotidianità è stata sopravvivere? Come saranno le nostre relazioni senza alcun contatto fisico? Ha davvero senso sacrificare tutto questo per riuscire a sopravvivere?

L’estate è alle porte e molte di noi vorrebbero per lo meno sapere quando sarà possibile tornare in spiaggia. Nelle spiagge libere, non quelle in cui costa minimo 30 euro sostare, o quelle che confinano con la nostra seconda casa. Molte di noi non hanno manco la prima.

La sensazione è che questo governo stia pensando a una ripresa per ricchi. Ci si può spostare nelle seconde case, in spiaggia si può stare con i plexiglas (e chissà quanto costeranno), #iorestoacasa scritto sotto fotografie che mostrano palestre private e immensi attici, etc. etc.

Per la classe inferiore invece c’è il bonus babysitter, il bonus per andare in vacanza, il bonus emergenza, l’accesso ai 25000 euro di finanziamento per riprendersi con la propria attività (su cui ancora non c’è chiarezza circa come farne richiesta), il reddito di cittadinanza, il bonus per fare la spesa, e la dignità invece?

Quando l’Italia smetterà di essere uno stato assistenzialista e inizierà ad essere un Paese dove il fatto che tutti possano avere gli stessi diritti significherà avere le stesse possibilità di entrare nell’economia attiva?

Quell’economia tenuta in piedi oggi dalla classe media. Improvvisamente diventata composta da insegnanti, infermieri, personale ATA, operai del settore alimentare, e di tutti quei codici Ateco che non hanno mai dovuto interrompere la produzione. Le classi sociali si sono modificate. E la classe media non è diventata tale perché guadagna di più ma solo perché c’è chi guadagna ancora di meno.

Ma intanto le cose non cambiano. Il prezzo della vita rimane lo stesso. Il potere d’acquisto si abbassa sempre di più. E l’economia gira con la tassazione di chi non è ricco ma che ormai si sente quasi in colpa per i 1000 euro che riesce a guadagnare ogni mese. La scorsa settimana sono andata dal meccanico. Dovevo cambiare le gomme, per adempiere a un obbligo di legge. Non per rifarmi la carrozzeria o lucidare i cerchi in lega, per poter circolare a norma di legge. Arrivo dal meccanico e mi viene comunicato (dopo aver già preso appuntamento) di dover aggiungere una spesa extra per la sanificazione dell’abitacolo. Sanificazione non richiesta, ma obbligatoria, e a carico del cliente. È una spesa che sostieni, per forza, ti serve l’auto. Ma non è una spesa corretta e che, chi ha un’entrata mensile di 1000 euro, dovrebbe sostenere. Però li spendi, sali in auto, e invece di incazzarti, ti senti fortunata perché almeno quei 1000 euro li hai.

Questi stessi sensi di colpa, equiparabili alla sindrome del sopravvissuto, sono parte di tutte quelle sensazioni che ci cadono addosso nelle nostre 4 mura e con cui bisognerà fare i conti una volta arrivata la ripresa.

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