Quella donna “brutta, povera e comunista” di Teresa Noce
Oggi è il giorno di Teresa Noce e chi non la conosce, chi non l’ha letta, diciamo che, banalmente, non è mai troppo tardi.
Nasce il 29 luglio del 1900 a Torino, Teresa Noce. Centoventi anni fa, tondi tondi. E noi di Noialtre non vogliamo che questa data sia dimenticata. Il “secolo breve” Teresa Noce lo attraversa fino al 1980, quando si spegne, a Bologna, il 22 gennaio. Quel pezzo di storia lo respira tutto. a pieni polmoni. L’infanzia è degna di un racconto di Dickens: il padre che abbandona la famiglia, gli sfratti, le soffitte, il freddo, i geloni, la mamma che muore troppo presto, per non dire del fratello. Una povertà da crampi perenni allo stomaco. Insomma, è «sola, affamata e ribelle».
A scuola è brillante, ma è costretta ad abbandonarla. Niente sogni di maestra. Ha solo 8 anni quando fa la domestica. Cambia spesso mestiere. Soprattutto per via del suo carattere. Del suo orgoglio. Nessuno può calpestare la sua dignità. «Quando non si ha niente bisogna avere almeno la fierezza», dice. Però non smette di istruirsi. Legge di tutto. Ferocemente.
Ma è durante la Prima Guerra Mondiale che nel disastro generale Teresa ha l’occasione che indirizzerà per sempre la sua vita: il lavoro di operaia alla Fiat Brevetti. Le fabbriche si sono svuotate perché gli uomini sono a combattere e allora si assumono le donne. È lì, al tornio, che si emancipa. Fa strano oggi? Come ha spiegato Lidia Ravera (“Lidia Ravera racconta Teresa Noce” in Archivissima, dieci minuti da lucciconi agli occhi) «il padrone non è più la signora che l’ha presa a servizio». Diventata operaia, «il padrone è entità astratta. Non più persona, ma categoria. Lavorare in fabbrica la rende simile a tutti gli altri». Il riscatto parte lì. Mettiamoci che poi è il 1917, arrivano gli echi della Rivoluzione Russa e tutto può cambiare.
Teresa diventerà poi sindacalista, contribuirà a formare il Partito Comunista Italiano, conoscerà Luigi Longo, se ne innamorerà, lo sposerà. Con lui andrà in esilio durante il fascismo (Unione Sovietica, Parigi, Svizzera), in Spagna, in difesa della Repubblica durante la guerra civile del ‘36. Fonderà e dirigerà giornali e riviste (su tutte, Noidonne). Diventerà partigiana e si chiamerà Estella. Nel dopoguerra sarà tra le 21 donne che scriveranno la Costituzione. Verrà arrestata, internata, liberata, nuovamente arrestata. Di nuovo libera. Verrà eletta in Parlamento, e nel 1948 scriverà la prima legge per la tutela delle lavoratrici. È grazie a lei, per dire, se esiste il congedo per maternità.
«Brutta, povera e comunista», come la appellavano gli avversari (“Brutto muso”, la chiamava Longo, che annullando il matrimonio le procurerà la sofferenza più grande), Teresa Noce, meravigliosa, commovente autodidatta, ci ha lasciato libri importanti. In “Gioventù senza sole” ci ha parlato di quella bambina povera e brutta (non ancora comunista). In “Rivoluzionaria professionale”, “…Ma domani farà giorno”, “Vivere in piedi” di altre fasi della sua vita orgogliosissima.
Il primo passo verso l’emancipazione per Teresa Noce è stato il lavoro. Ma come è cambiato, oggi, il lavoro? È ancora un luogo di riscatto?