Lina Settebellezze e Wertmüller e l’Oscar alla carriera

L’hanno cercata più o meno tutti, ieri, Lina Wertmüller. Lei, voce roca come da copione, ha risposto più o meno a tutti con un «non me l’aspettavo». Troppo poco? Allora fa sapere di essere «molto grata per la decisione di assegnarmi questo premio», che «gli americani, grazie a Dio, mi hanno sempre voluto bene», che dedica la statuetta a sua figlia spronando i giovani a non arrendersi e che non è sicura se andrà alla cerimonia. Sono le prime reazioni della regista e sceneggiatrice alla notizia che le è stato conferito il Premio Oscar alla Carriera.

Il riconoscimento le viene assegnato per essersi «distinta in modo straordinario lungo la sua carriera, e il contributo eccezionale dato al cinema», specifica l’Academy of Motion Picture Arts & Sciences nell’annunciare che una delle statuette andrà alla regista quasi 91enne, oltre che a David Lynch, Wes Studi e Geena Davis. Adesso viene da sorridere a pensare se il 27 ottobre, giorno dell’annuncio ufficiale del riconoscimento agli undicesimi Annual Governors Awards dell’Academy, dovranno snocciolare almeno alcuni dei suoi (esagerati?) titoli chilometrici. Con titoli tipo “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto” te la puoi cavare.

Non altrettanto con “La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia”, “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici”. E ancora, “Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico”, “Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada”. Per non dire di “Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…”. D’altronde, va detto che il nome completo di Lina Wertmüller è l’altrettanto chilometrico Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich. Eppure, al Premio Oscar va vicinissima con un titolo breve.

È il 1977, il film è “Pasqualino Settebellezze” e Lina Wertmüller è la prima donna regista candidata all’Oscar. Il film è controverso. Per il critico Paolo Mereghetti, per dire, è una commedia “altalenante tra farsa e tragedia, dove il gusto del grottesco della regista si fonde perfettamente con la materia trattata per realizzare il ritratto di un viscido opportunista a tutto tondo”. Per uno psicanalista come Bruno Bettelheim, un’opera violenta e inquietante che “giustifica il male insinuando la comoda convinzione che nulla avrebbe cambiato le cose”.

E Nanni Moretti?

Se ricordate, in “Io sono un autarchico” nella scena in cui si parla di lei sbava liquido verde – «Ma chi, quella di “Mimì Metallurgico?»… «Insomma, lei, Pasqualino Settebellezze?» – Di rimando lei, che è una che non le manda a dire, di lui dice che è un gran cafone. Ma non per la schiuma verde. Giancarlo Giannini comunque in quel film nella sua meravigliosa faccia da schiaffi è superbo e la colonna sonora di Enzo Jannacci – notare la canzone “Quelli che…” con il testo modificato per l’occasione che accompagna i titoli di apertura del film – è una scelta non da poco.

Come non è scelta da poco, dopo un apprendistato da aiuto regista di Fellini ne “La dolce vita” (1960) e “8 e ½” (1963) e una buona opera prima come “I basilischi”, scrivere e dirigere nel 1964 “Il giornalino di Gian Burrasca” con Rita Pavone protagonista maschile. Un po’ per il suo temperamento «alla Gian Burrasca». Un po’ perché, dirà in una famosa intervista, «avevo bisogno di non essere messa nello scaffale delle persone impegnate». Si spingerà ancora più in là, se è per questo, dirigendo Pavone in “Rita La zanzara”, con seguito, “Non stuzzicate la zanzara”. Non film, non propriamente commedia musicale, ma inserito nella cosiddetta categoria musicarelli. Ovvero, una storia tutta italiana di sottogenere cinematografico. E chi non ricorda, dimentichi, se può, la Rita Pavone di adesso. Niente a che fare.

Qualche anno fa Lina Wertmuller ha confessato (fonte Dagospia) che i ricordi le si sovrappongono. “Non mi ricordo un beneamato cazzo e ne ho diritto. A volte mi sembra che tutti gli anni della mia vita siano compressi in uno”. Dica quel che vuole, signora Lina. Può permetterselo. Forse oggi o domani dirà la sua anche Nanni Moretti e forse lei, coi suoi leggendari occhiali bianchi, ripeterà che i premi contano il giusto perché il vero premio è l’opera. Ma per quel che vale, qua si è molto contente per questa statuetta.

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