LinkedOut: c’è stato l’8 marzo parliamo di gender gap

Questa settimana c’è stato l’8 marzo. L’8 marzo significa giornata della donna, ma significa anche che è un anno che siamo in questa situazione di isolamento. Ha significato tante cose. Per me ha significato anche assenza di manifestazione, assenza di diritto allo sciopero. Da cosa vuoi scioperare se non c’è quasi più niente?

Ma ha significato anche stupore davanti a un post su LinkedIn che per un momento ha fatto tornare vivo il dibattito sul social. Un’intervista a Sonia Bonfiglioli, del gruppo Bonfiglioli, che titola “La parità si raggiunge studiando” (edita sul quotidiano nazionale Il Resto del Carlino). Una sberla in faccia agli anni di lotta e di studi, per l’appunto, sulla riduzione del gender gap nel mondo del lavoro. Una miopia evidente verso quel soffitto di cristallo che a molte di noi impedisce di raggiungere le posizioni di vertice. Nei commenti ci sono uomini che scrivono che la questione non sono solo le competenze ma la differenza di genere, e ci sono donne che negano il problema dicendo che loro “ce l’hanno fatta”.

E’ vero che siamo uno dei Paesi tra gli ultimi in Europa per livello di istruzione ma, secondo l’Istat, il 22,4% delle donne raggiunge la laurea, contro il 16,8% degli uomini. Eppure ai vertici spesso e volentieri ci sono gli uomini. Basti pensare a quello successo con il Covid: il 99% delle posizioni di lavoro perse erano ricoperte da donne. Erano tutte donne con lacune nel loro percorso di formazione?

Vero è che l’intento delle parole di Sonia Bonfiglioli, forse, voleva essere un altro. Forse voleva rappresentare un incoraggiamento per le donne a tenere duro, a formarsi, soprattutto nelle discipline STEM che sono quelle più richieste dal mondo del lavoro di oggi. Chiariamo cosa siano le discipline STEM per chi se lo stesse chiedendo. STEM significa scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (oggi si parla anche di STEAM, dove la A racchiude in sé le discipline artistiche). Donne formate, anche in questo campo, ce ne sono. Risulta infatti che il 36% degli iscritti sia donna e che, nonostante la percentuale sia inferiore a quella maschile, registrino risultati migliori: le donne si laureano prima, e meglio.

Non si può quindi sostenere che il problema sia solo nelle competenze e nei titoli di studio, poiché lì le donne sono in vantaggio. Succede poi che nel momento in cui una donna riesce a diventare rettrice, ci si stupisce, e ancora, nel 2021 si leggono articoli in prima pagina con “Prima donna rettrice per l’Università di…” come se fosse un grandissimo passo avanti.

Il vero passo avanti sarebbe non accorgersi più del fatto che al vertice di una tale istituzione ci fosse un uomo o una donna o una persona non binaria; il vero successo sarebbe avere una realtà sociale in cui le competenze fossero sufficienti per arrivare dove si vuole (non per forza in cima). Invece, in un giorno come l’8 marzo, tocca leggere degli articoli in cui si attribuisce la colpa del gender gap alle donne che non si formano abbastanza mentre noi siamo quelle che, da sempre, gestiamo più lavori contemporaneamente, compresa tutta la parte di economia domestica.

Economia, deriva infatti da oikonomia: gestione dell’oikos.

L’oikos era lo spazio della vita famigliare, del quale, sin dall’antica Grecia, era la donna ad averne la piena gestione, anche economica. Ora che c’è un banchiere al governo, come cambieranno le cose? Cambieranno?

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