LinkedOut, cambiare si può (?)
Ieri scorrevo alcuni annunci di lavoro su LinkedIn. Ho trovato solo richieste di personale esperto per effettuare stage sottopagati e ho immediatamente pensato che la pandemia non ci ha reso migliori. Anzi, ha marcato maggiormente il divario tra chi ha il potere e chi non ce l’ha. La pandemia poteva essere un punto zero, poteva rappresentare la rinascita, un nuovo modo di pensare e di stare al mondo. Poteva farci porre delle domande sul sistema capitalista in cui siamo immersi, poteva aiutarci ad appianare le disuguaglianze consapevoli che il virus tocca tutti/e e non fa differenze.
Gli stati, i governi, le politiche di distribuzione del vaccino invece ne fanno, eccome se ne fanno. L’Inghilterra è riuscita a raggiungere l’immunità, la stessa cosa sta accadendo in Israele. Negli Stati Uniti stanno puntando sulla produzione interna del vaccino. In Europa ogni stato ha pattuito di avere lo stesso numero di dosi e all’interno dei vari stati si stanno attuando politiche diverse sulla distribuzione.
Ieri in radio ho sentito una notizia che mi ha particolarmente sconvolto: il governo serbo ha deciso di vaccinare cittadini non serbi aprendo così le porte a una nuova forma di turismo. I ricchi potranno spendere una media di 500 euro a testa per partecipare ad alcuni tour organizzati che permetteranno di raggiungere la Serbia per farsi inoculare il vaccino. Si può scegliere quale vaccino farsi fare. Il sito del governo serbo scrive questi annunci in cirillico ma le agenzie di viaggio italiane, prontamente, traducono questi messaggi e si attrezzano per far ripartire l’economia. A scapito di chi?
C’è una possibilità di arricchirsi, la si prende al volo. Siamo cambiati? Direi di no.
Torno su LinkedIn e provo a vedere se il mercato del lavoro è tornato a muoversi, ma niente. Tutto fermo. La sensazione generale è quella dell’arresa. Non si fa più nulla per cercare di uscirne migliori, ormai l’obiettivo è diventato solamente uscirne, non importa più a che prezzo. Così dal 26 aprile torniamo gialli. Molte attività riapriranno. La campagna vaccinale è pressoché ferma. I numeri non scendono ma l’indice RT che ormai è l’unico dato che importa insieme allo Spread, mostra una possibilità di apertura. E così, senza imparare nulla da quello che è stato l’esperimento sardo, torniamo ad aprire perché tanto l’estate è vicina, il caldo tornerà ad uccidere il virus (ammesso che l’abbia mai fatto), potremo tornare al mare e mi raccomando: riapriamo le discoteche.
Mi chiedo cosa sia cambiato in tutto questo. Il 2021 si sta sviluppando esattamente nello stesso modo dello scorso anno e tutti gli entusiasmi che avevano portato a brindare al 31.12 si stanno lentamente spegnendo. Vogliamo davvero uscirne? Potremmo iniziare a pensare a un sistema economico che non sacrifichi il debole per arricchire il già ricco, a una modalità per appianare le disuguaglianze rispettando le differenze. Il malessere ormai è diffuso e, oltre ai dati della pandemia, ci sono quelli degli istituti psichiatrici. I reparti pre-adolescenziali e adolescenziali di alcune città hanno finito i posti letto. I disturbi più frequenti? Quelli alimentari.
E se, dopo la crisi del 2009, per noi giovani stava diventando una sfida poter pensare a un futuro.
Oggi, per i giovanissimi, pare essere utopia.