La rivoluzione verrà dalla cura

Coltivare fino alla fine i desideri e l’utopia: un viaggio in cerca di cura.


La locandina del film Care Seekers – diretto da Teresa Sala

Care seekers (In cerca di cura) è il film di Teresa Sala, soggetto di Teresa Sala e Tiziana Francesca Vaccaro, prodotto da SMK FACTORY e distribuito da Open Distribuzioni dal Basso, uscito lo scorso ottobre.

Un film che è ricerca della cura e degli spazi dove le idee, le ipotesi, i desideri per vivere bene l’ultima parte della vita, si materializzano a mano a mano che si snoda il racconto.

Incontriamo la regista in occasione della proiezione di domani 7 marzo, a Bologna, al cinema Galliera alle ore 21 e 30. Un evento questo, in occasione della settimana dell’otto marzo, organizzato in collaborazione con La Casa delle Donne per non subire violenza di Bologna.

Come nasce l’incontro con la casa delle Donne?

Siamo consapevol3, dopo aver lavorato a questo documentario, che la vita giovane vale più della vita anziana. La collaborazione per questo evento è una delle tante collaborazioni e dei tanti incontri avvenuti in questi anni su questo tema. Nello specifico, è molto chiaro alla Casa la presenza nelle famiglie della violenza verso le donne, nell’ultima parte della vita, quando non sono più “utili” come risorse di cura, perché magari soffrono di demenza o alzheimer o di una malattia fortemente invalidante, violenza che può arrivare al femminicidio. Ce ne parlerà domani Elsa Antonioni, tra le fondatrici della Casa.

In questo film è centrale il corpo, i suoi cambiamenti, la salute, il corpo anziano, malato e che ha bisogno di cure, da dove viene questo interesse?

Ho già realizzato un film che raccontava la storia sessuale e sentimentale di una donna con disabilità, dove i temi relativi al corpo, ai corpi fuori dalla norma, alla salute, anche raccontati attraverso la relazione della protagonista con la madre, sono molto presenti. Di sicuro è un tema che è arrivato fino a questo progetto. In Care Seekers ci sono i corpi anziani che ugualmente sono corpi fuori dalla norma. Pur essendo le persone adulte e anziane la maggioranza nel paese, i loro corpi sono considerati comunque fuori dalla norma e minoritari.

Mi sembra di capire che le protagoniste del documentario siano soprattutto donne, come hai collegato tutte queste donne: le donne che lavorano nelle RSA, le badanti, le donne anziane, le donne che si riuniscono in gruppo per parlare di come trascorrere e organizzare l’ultima parte della vita, come le hai incontrate?

La coautrice del film Tiziana Francesca Vaccaro ha realizzato un importante lavoro precedente, partendo dalla sindrome Italia, sulle badanti presenti in Italia, e quindi ha incontrato molte di loro. Vaccaro ha tratto da questo lavoro di ricerca un lavoro teatrale e un fumetto. Insieme originariamente avremmo voluto fare un documentario partendo dal suo lavoro, documentario che si è allargato al discorso sull’ultima parte della vita. Dal 2020 con la pandemia è diventata centrale la cura e la ricerca della cura. Da lì in avanti abbiamo avuto tanti incontri: con donne che nelle famiglie si occupano dei familiari malati o anziani, con badanti, o con lavoratrici delle RSA.

Come è nata la struttura del film?

L’incontro “epifanico” è stato quello con un gruppo di donne di Fabbrico (RE), si chiamano “Laboratorio di pensiero e parola”. Si riuniscono parlando e partendo da sé, quasi in forma di autocoscienza, elaborando un pensiero, proprio per capire come costruire il loro futuro verso la vecchiaia. Le donne di Fabbrico hanno cominciato a viaggiare per cercare i luoghi dove ci sono esempi di ricerca della cura, idee per stare bene da anzian3, per realizzare una sorta di mappatura e prendere spunto. L’incontro con loro ha connesso i nostri pensieri. Così è in qualche maniera nata la struttura del viaggio del film.

Il furgone che va alla ricerca dei luoghi della cura

Dove porta il lavoro di questo gruppo, è una ricerca che serve a loro o va verso un discorso di condivisione, più sociale?

Questo gruppo guarda molto al fuori e ha una forte volontà di connettersi con il resto del mondo, partendo dal basso. Hanno un pensiero lucido e tante cose interessati da dire. Cercano di fare rete, hanno un intento duplice, ottenere meglio per sé, e rendere questo un discorso politico che riguarda anche le altre persone, che cambia il mondo. Il film in viaggio è nato prendendo esempio dal loro viaggio alla ricerca della cura che può cambiare il mondo.

Alcune delle donne del gruppo di Fabbrico “Laboratorio di pensiero e parola”

La costruzione del film ha portato tutti gli incontri che hai fatto: con le donne che stanno invecchiando, le donne che lavorano nelle RSA, le donne che svolgono il lavoro di badanti, le donne che cercano una prospettiva e lavorano a dei progetti perché anche l’ultima parte di vita sia felice e importante come la parte precedente. Viaggio e incontro. Questi incontri dove hanno portato il film?

Il percorso del film ci ha fatto capire che la cura uno a uno non funziona: le persone possono essere fantastiche, le case di cura le più belle, ma anche chi sta bene, non è in povertà, ha la pelle bianca, ha diversi privilegi, non vuole andare nelle RSA o stare con le badanti nell’ultima parte della vita. Abbiamo capito, con le donne di Fabbrico e anche con un altro gruppo di donne incontrate, che vivono insieme in Sardegna, che la ricerca della cura è provare a cambiare il mondo anche nell’ultima parte della vita.

Il lavoro delle badanti, quasi sempre migranti del lavoro di cura

Cosa è diventato più chiaro andando avanti col viaggio?

L’importanza della funzione dell’utopia che spinge a continuare a cercare una vita diversa nella sua ultima parte, e soprattutto da la forza di costruire una prospettiva concreta insieme. Insomma, è possibile pensare e provare fino alla fine a vivere bene, meglio che si può, e cercare di farlo insieme porta bene a tutt3.

Alcune delle donne che hanno scelto di vivere insieme in Sardegna


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