Working poors o, detta in maniera meno affascinante, lavoratorə poverə
Nell’Unione Europea solo 6 Stati non hanno ancora adottato il salario minimo. Uno di questi è l’Italia. In Italia i salari sono regolati, quando va bene, dai contratti collettivi nazionali (comunque discutibili). Quando invece non va bene, dagli umori del datore o della datrice di lavoro.
Sono regolati dai pregiudizi e dalle logiche di mercato. Per cui ancora oggi, nel 2021, assistiamo al gender gap tra le paghe maschili e le paghe femminili. Sono regolati dall’ageismo per cui se sei giovane puoi lavorare gratis perché tanto devi imparare, se sei adulta sei un problema perché potresti volere dei figli. Se non sei più giovane, non servi più.
Di fatto, in Italia, la maggior parte dei lavoratori e delle lavoratrici full-time continua ad essere nella soglia di povertà. Si lavora, si hanno contratti regolari (più o meno), tuttavia si fatica ad arrivare alla fine del mese. E così moltə fanno due lavori, magari uno in nero, per tirare a campare. Oppure integrano il proprio salario con i sussidi statali (quando possibile). In Italia, nel 2021, ci sono 30-40 enni che vivono ancora in stanze in affitto, in appartamenti condivisi con perfettə estraneə.
In Italia, nel 2021, si parla di abbassare le tasse. Di rimodulare l’irpef. Non di alzare gli stipendi, ma di andare ad abbassare le trattenute che lo stato fa sulle buste paga. Questo si traduce in un aumento del netto e quindi in un visibile aumento dei soldi che entrano nelle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici.
La prima volta che ho sentito questa cosa pensavo che potesse essere un primo passo verso la rimodulazione dei nostri stipendi. Ma, invece, no. Questa modifica andrà a toccare le persone con uno stipendio annuo sopra i 50.000 euro. In pratica, andrà ad arricchire chi già sta bene.
E per la stragrande maggioranza della popolazione che non arriva nemmeno a quella soglia annua? Niente, o quasi.
In Germania, proprio in questi giorni, si sta parlando del salario minimo. Di alzarlo a 12 euro/h. Per noi? Un sogno.
6 Paesi dell’UE non hanno il salario minimo. Gli altri 5 sono: Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia, Svezia.
Lo stipendio medio in Italia è 1200 euro al mese. E se ciò accade ci sentiamo quasi privilegiatə, fortunatə. Pensiamo di aver raggiunto un obiettivo che molti non riescono a raggiungere. E quindi ci adagiamo pensando che, in fondo, non va così male. Ma il tasso di povertà aumenta, quello di disperazione con esso. E c’è un’altra cosa che aumenta: le morti sul lavoro.
Tema di cui il PNRR non si preoccupa. Prevenzione, salute del lavoratore, nemmeno è tra i temi del nostro Paese.
Oggi si parla di violenza sulle donne, è il 27, una giornata vicina al 25 novembre, a Roma ci sarà la manifestazione nazionale. Non dimentichiamoci che per poter assistere all’emancipazione dai percorsi di violenza servono anche i soldi. Soldi alle associazioni, ai centri anti violenza, che se ne occupano, e soldi alle donne che lavorano. Diversamente non potremo mai essere veramente indipendenti.